rust-out

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definizione

il verbo inglese «to rust out» significa, letteralmente, permettere che qualcosa sia corroso completamente, facendo sì che non funzioni più correttamente, venendo “mangiato” dalla ruggine, fino a formare buchi o zone di debolezza strutturale, fino a divenire inutilizzabile: il termine viene utilizzato per descrivere quello stato di stress accompagnato da apatia e noia che può colpire i soggetti costretti a lavori monotoni o non gratificanti.

In un certo senso si potrebbe definire il rust-out come la manifestazione speculare del burn-out anche se, paradossalmente, i sintomi talvolta possono essere simili o addirittura sovrapponibili: mentre il secondo rappresenta l’esaurimento conseguente all’iperstress, il primo potrebbe essere definito la conseguenza dell’ipostress. Secondo la psicologa inglese Sandi Mann, un terzo dei lavoratori britannici trova il proprio lavoro noioso e ritiene che il danno causato dalla noia possa superare quello causato dal superlavoro (burn-out): il .rust-out, trascurato, può portare a depressione e a sintomi fisici, che possono rivelarsi, nel lungo periodo, debilitanti; la conseguenza è, frequentemente, una riduzione della produttività associata ad un incremento degli errori e un peggioramento della qualità del lavoro. Spesso aumenta la frequenza delle assenze dipendenti e le malattie, con un atteggiamento che potrebbe essere descritto come «limitarsi a contare i giorni fino a quando non è possibile andare in pensione o pianificare di lasciare il lavoro»: la mancanza di sfide, la delusione delle aspettative riguardo il proprio lavoro, la mancanza di prospettive di crescita personale o professionale, il ritrovarsi preclusi agli avanzamenti di carriera, devono essere considerati possibili cause di distress lavorativo.

noia e rust-out

Contrariamente a quello che si pensa, la noia non è il risultato di non avere nulla da fare: se ci si pensa, in realtà, è molto difficile trovare una situazione in cui le opportunità siano così limitate che ci si possa ritrovare a non fare assolutamente nulla; piuttosto si dovrebbe considerare la noia come il prodotto di una situazione in cui nessuna delle cose possibili crea un reale interesse. La noia è considerata da alcuni (Cynthia D. Fisher – «Boredom at work: a neglected concept», 1993) uno stato emotivo caratterizzato da un livello di stimolazione percepito come insufficiente e insoddisfacente: la mancanza di stimolazione esterna porta ad un aumento dell’eccitazione neurale alla ricerca della varietà, così come l’incapacità di soddisfare questo bisogno porta alla noia; questo potrebbe essere il motivo per cui probabilmente esiste una interazione fra la noia ed la tendenza all’introversione ed estroversione. Infatti, da un lato, gli estroversi richiedono più stimoli per mantenere livelli ottimali di eccitazione e quindi potrebbero annoiarsi più facilmente (Wink & Donahue, 1997) mentre, d’altra parte gli estroversi possono essere più bravi a cercare stimoli, soprattutto in contesti sociali, e quindi essere più predisposti a ridurre la tendenza alla noia (Hill & Perkins, 1985).

Come tutte le emozioni, è probabile che la noia abbia una funzione: il suo scopo principale è di avvisarci che non tutto va bene e che è necessario modificare qualcosa nella propria vita (Willard Gaylin, 1979); è un’esperienza che esprime la mancanza di slancio o di “flow” nella vita di una persona, un fenomeno di interazione che è inestricabilmente connesso al ritmo sociale. Il Dr. Willard Gaylin scrive:

«Le sensazioni di ansia, noia, tensione ed agitazione ci avvertono che le cose non funzionano come dovrebbero e, ancora più importante, dalle sottili sfumature che possiamo leggere fra le righe, ci mostrano la natura del pericolo imminente e ci indirizzano verso specifici tipi di risposte adattative per evitare, prevenire o modificare la minaccia incipiente.»

La noia è quindi vista come una forza motivante che ci fa prendere un impegno, ci predispone a ricercare sfide: in pratica può essere considerata come uno stimolo; impegnare in comportamenti di ricerca di sfide, cioè la noia può essere energizzante. Il cantante Bob Geldof, che ha galvanizzato il mondo, a metà degli anni 80, coinvolgendolo nella sua crociata contro la fame in Africa (Band Aid e Live Aid), ammettendo di aver bisogno di continui stimoli e di nuove motivazioni, soleva dire: «Ho paura della noia perché mi fa entrare nel vuoto».

La noia comunica agli altri i nostri interessi, valori e convinzioni: il mio essere annoiato dice, a chi mi circonda, che il contesto attuale che sto vivendo non mi attrae e non mi interessa; un meccanismo adattativo contro il rumore della società o il sovraccarico di informazioni (Klapp, 1986) che ci permette di staccare la spina da input meno importanti, poco rilevanti o insignificanti ai nostri occhi. Da un punto di vista evolutivo, la noia ha un valore inestimabile, avendo spinto gli uomini di spostare la propria attenzione da situazioni prive di stimoli, a situazioni sicuramente più pericolose, ma sicuramente più interessanti, allettanti e meritevoli di attenzione.

Può essere anche un modo per evitare di confrontarsi con se stessi (Hoover, 1986) celando dietro la noia l’incapacità di espletare un compito o la mancanza di comprensione di qualcosa: la scusa viene spesso rappresentata con frasi quali «non è vero che non so (posso) farlo (non farlo), solamente la cosa mi annoia».

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