definizione
Gruppo funzionale, costituito da due atomi di zolfo legati (-S-S-), che riveste una notevole importanza nella stabilizzazione della struttura terziaria di molte proteine: nei polipeptidi e nelle proteine naturali, la formazione dei ponti disolfuro avviene per ossidazione dei gruppi tiolici (-SH) dell’amminoacido cisteina; etimologicamente disolfuro è composto da di– (dal greco δίς– → due volte), solfo– (dal latino sŭlphur → zolfo) col suffisso –uro (che indica un composto binario fra un metallo e un non metallo), letteralmente un composto fra due molecole di zolfo. Si parla di legame disolfuro o di ponte disolfuro quando entrambi gli atomi di zolfo di un disolfuro sono legati covalentemente ad un radicale rappresentato dall’atomo di carbonio di un composto organico. Oltre al legame peptidico gli amminoacidi possono essere legati tra loro tramite ponti disolfuro; l’interconversione tiolo-disolfuro è una reazione di ossidoriduzione in cui il tiolo (-SH) costituisce la stato ridotto e il disolfuro (-S-S-) lo stato ossidato.
ponti disolfuro e glutatione
L’agente che media la formazione e la degradazione di ponti disolfuro, nella maggior parte delle proteine, è il tripeptide glutatione o GSH, un coenzima versatile costituito da cisteina, glicina e glutammato: due molecole di glutatione possono dimerizzare per dare il GSSG in cui è presente un ponte disolfuro.
Il glutatione rappresenta all’interno delle cellule il più abbondante composto (circa il 95% del totale) contenente gruppi solfidrilici ridotti (-SH) e ha la funzione di mantenere allo stato ridotto i gruppi -SH di molti enzimi e proteine: l’importanza di questa funzione è legata al fatto che l’ossidazione dei gruppi -SH, con la formazione di ponti disolfuro (-S-S-) intramolecolari o intermolecolari (cioè all’interno della stessa molecola o fra differenti molecole), provoca, nella maggior parte dei casi, l’inattivazione dell’enzima o la perdita della funzione biologica della proteina.
I ponti disolfuro si trovano solo nelle proteine situate fuori la cellula, mentre all’interno della cellula le molecole di cisteina si trovano nel loro stato ridotto per la presenza dell’enzima glutatione reduttasi che è una flavoproteina dimerica: i ponti disolfuro possono essere ridotti direttamente da un altro enzima, la tioredoxina; in entrambi i casi l’NADPH è l’ultimo donatore di elettroni che riduce il FAD a FADH2.
esempi di ponti disolfuro nelle proteine biologiche
I ponti disolfuro giocano un ruolo importante nel determinare sia la struttura sia la stabilità delle proteine: la creazione di questi legami fra le molecole di cisteina contenute nelle catene proteiche determinano interazioni fra i differenti segmenti determinando la struttura terziaria, creando processi di torsione e facendo assumere alla proteina una organizzazione spaziale specifica.
Ad esempio, sia la struttura sia la stabilità dei capelli o la consistenza delle unghie, costituiti entrambi per gran parte da catene proteiche di cheratina, dipendono in gran parte dei ponti disolfuro, in quanto sono proprio questi legami a mantenere le relazioni spaziali fra le proteine; in alcune persone la formazione di questi ponti fa sì che le catene proteiche si ripieghino parzialmente su sé stesse, dando così origine al fenomeno dei capelli ricci. La “stiratura” del capello si ottiene per mezzo di composti riducenti (bisolfiti) che inizialmente aprono i ponti disolfuro della cheratina, preparandola al successivo trattamento con un debole ossidante, che porta i ponti disolfuro della cheratina a rigenerarsi dopo che la “stiratura” meccanica ha avuto luogo. Anche il calore può interrompere temporaneamente i legami disolfuro, “raddrizzando” o “mettendo in piega” i capelli, almeno temporaneamente; la cosiddetta “permanente” è un processo chimico che rompe la naturale struttura del capello in modo da creare ricci anche su capelli lisci: la reazione chimica avviene per mezzo dell’acido tioglicolico, che ha un’azione riducente sui legami disolfuro della cisteina presenti nei capelli, seguita da un processo di ossidazione chiamato fissaggio, una volta creata la forma, che ricrea i legami disolfuro conferendo una modifica duratura, grazie all’azione del fissatore (quasi sempre perossido d’idrogeno).
I ponti disolfuro si formano anche tra le proteine della farina, durante l’impastamento ed in presenza di acqua: la gliadina e la glutenina, proteine della farina, formano un complesso proteico che si chiama glutine; prolungando l’impastamento, i ponti disolfuro presenti nelle catene proteiche del glutine si spezzeranno, generando gruppi tiolici -SH, riducendo, di conseguenza, la capacità delle farine di lievitare. Le cosiddette “farine di forza”, che hanno cioè W vicino a 350 o superiore, sono molto proteiche e, di conseguenza, possono sviluppano molto glutine, rendendo l’impasto adatto alla preparazione di prodotti da forno a lievitazione lenta e naturale, avendo un’alta azione lievitante e assorbono un volume di acqua fino al 75% del loro peso; viceversa le “farine deboli” (con un W inferiore a 170) assorbono una quantità d’acqua non superiore al 50% del loro peso e hanno una bassa azione lievitante e poca propensione a sviluppare il glutine.
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