definizione
Precursore proteico (zimogeno) della pepsina, viene secreto dalla mucosa gastrica come forma inattiva dell’enzima e necessita, per essere attivato, l’intervento dall’acido cloridrico: è una sostanza di natura proteica, elaborata dalle ghiandole piloriche e dalle cellule principali delle ghiandole del corpo e del fondo dello stomaco.
attivazione del pepsinogeno
Lo zimogeno, cioè la forma inattiva, acquisisce capacità funzionale soltanto dopo una precisa modifica strutturale: viene convertito in pepsina dopo essere stato secreto nello stomaco, mediante il distacco di 44 amminoacidi dall’estremità N-terminale della catena polipeptidica; questo processo può essere spontaneo a valori di pH inferiori a 2,5 che si attuano per effetto dell’azione acidificante dell’acido cloridrico secreto dalle cellule parietali dello stomaco o catalizzato dalla pepsina stessa (autocatalisi).
Una volta attivato dall’acidità gastrica, agisce come proteasi, ovvero scinde le proteine in peptidi, cioè in catene più piccole di amminoacidi, agendo sugli amminoacidi aromatici: è importantissimo che l’enzima proteolitico sia secreto in questa forma, perché in caso di produzione già in forma attiva all’interno delle cellule peptiche, potrebbe danneggiare gli stessi enzimi intracellulari, provocando un’autodigestione della cellula.
Pur portando un nome singolare, la pepsina, è in realtà costituita da una mistura eterogenea di frazioni proteiche differenti, accumunate da attività simile, che hanno origine dal pepsinogeno di gruppo I, secreto dalle cellule del fondo e del corpo gastrico (parte alta dello stomaco) e da un pepsinogeno di gruppo II, ubiquitario e come tale secreto anche dalle cellule della porzione inferiore (cardiali, antrali e duodenali di Brunner).
Il rilascio di HCl e pepsinogeno è regolato dalla gastrina, la cui secrezione è stimolata da fattori connessi al consumo di cibo (principalmente dalla dilatazione delle pareti gastriche).
importanza dell’acido cloridrico
Nelle condizioni normali presenti all’interno dello stomaco, cioè con una temperatura compresa fra i 37°C ed i 40°C, ed un pH pari a 1,5÷2,5 la pepsina può digerire in un’ora quantità proteiche pari a 1000 volte il suo peso; a pH superiori a 3,5 ovvero in condizioni di ipocloridria o acloridria, la pepsina perde buona parte della sua attività proteolitica, fino a denaturarsi irrimediabilmente a valori superiori a 5.
L’acido cloridrico, oltre ad attivare le prime molecole di pepsina, garantisce le condizioni ottimali al loro operato, non solo mantenendo il pH gastrico a valori decisamente acidi, ma anche denaturando le proteine: infatti, essendo i protidi avvolti in strutture complesse a mo’ di gomitolo, l’acido cloridrico contribuisce a srotolarle, rendendo disponibili i legami peptidici che le costituiscono all’azione enzimatica, permettendo la formazione di peptoni o polipeptidi, frammenti più piccoli ma con dimensioni ancora eccessive per essere assorbiti; l’attività congiunta di questi fattori digestivi permette anche un’efficace digestione del collagene, che abbonda nel tessuto connettivo di cui è ricca la carne (ce n’è meno nel pesce, che per questo è più digeribile).
La digestione proteica viene quindi completata nei primi tratti dell’intestino tenue, grazie all’intervento delle proteasi pancreatiche, come l’elastasi, la tripsina, la chimotripsina e le carbossipeptidasi o di quelle intestinali, come le amminopeptidasi e le dipeptidasi.
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