definizione
Anche se nel linguaggio comune si usa dire «indigestione» riferendosi all’aver mangiato troppo o al fatto di sentirsi pieni, con un non meglio specificato «senso di pienezza e di pesantezza allo stomaco per aver mangiato troppo», anche se, in realtà, questo termine descrive un quadro morboso acuto costituito da mancato o incompleto svolgimento dei processi digestivi nello stomaco, dovuto a eccessiva ingestione di alimenti o a fenomeni dispeptico: si manifesta con peso epigastrico, alito fetido, lingua impaniata, eruttazioni, nausea, a volte vomito, con la possibile insorgenza di febbre e alterazioni della mucosa gastrica; dal latino indigestio, composto di in– (→ prefisso negativo, non) e digestio (→ digestione), sinonimo, in un certo senso, di dispepsia.
Indigestione, non di rado, viene utilizzato colloquialmente anche per indicare un atteggiamento quasi bulimico nei confronti di qualcosa che si apprezza, come nel caso in cui si faccia «indigestione di libri (film)» o qualsiasi altra cosa gradita, lasciando comunque trapelare che se ne è introdotti tanti da non riuscire ad apprezzarne o assimilarne completamente il contenuto; ugualmente, ciò che ci è indigesto è qualcosa che si rivela un peso, difficile da digerire o, se si preferisce, qualcosa di stressante (dis-stress) o che ci mette a disagio (dis-confort).
eziopatogenesi
L’indigestione, solitamente, si manifesta con un’epigastralgia, cioè un senso di dolore nella zona del cardias che, nei casi più significativi, può divenire anche dolore lancinante o un bruciore (heartburn) che può condizionare la qualità della vita di chi ne soffre soprattutto in forma ricorrente; talvolta si possono manifestare assieme alla pirosi, eruttazione marcata, rigurgito, inappetenza, nausea, stipsi, diarrea, bloating, flatulenza e meteorismo: le modalità con cui l’indigestione, cioè la dispepsia, si può manifestare dipende, in realtà dalla causa determinante.
Anche se molte persone associano l’idea di indigestione ad aver mangiato troppo o alla “cattiva digestione”, solo occasionalmente può svilupparsi una dispepsia acuta come conseguenza di pasti molto abbondanti o “pesanti”, dell’uso eccessivo di alcolici, per l’azione diretta di farmaci come i bifosfonati, l’eritromicina, alcuni tipi di preparati a base di ferro ferro o per l’effetto dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS: in genere, anche in questi casi è opportuno verificare che non esista un problema sottostante o latente.
In presenza di dispepsia ricorrente e frequenti manifestazioni di indigestione, si deve sospettare la possibile esistenza di aereogastria, stomaco ipotonico e ipocinetico (talvolta stomaco paretico) con ritardato svuotamento gastrico, M.R.G.E., gastrite o malattia ulcerosa peptica, dispepsia non ulcerosa, dispepsia iatrogena.
Un ritardo nello svuotamento gastrico descrive un quadro in cui il cibo rimane nello stomaco per un periodo di tempo eccessivamente prolungato, frequentemente come conseguenza di patologie come il diabete, le malattie del tessuto connettivo o i disturbi neurologici che interessano i nervi relativi al tratto digerente.
L’ansia da sola non causa dispepsia, anche se la somatizzazione, sotto forma di angoscia gastrica, può esacerbare la dispepsia aumentando la preoccupazione del paziente verso sensazioni insolite e spiacevoli, innescando in tal modo un circolo vizioso che incrementando il dis-confort, genera dis-stress che invariabilmente si ripercuote sulla funzionalità gastrica.
Così come l’indigestione può mimare i sintomi di un un angina, in alcuni casi, l’insorgenza di attacco cardiaco o angina instabile, ovvero una ischemia delle arterie coronarie, può dare luogo alla sola sensazione di dispepsia, anziché tipico dolore toracico o dorsale.
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