Detto anche “artiglio del diavolo” è una pianta perenne rampicante che appartiene alla famiglia delle Pedaliacee; conosciuto in lingua inglese con gli eponimi di “grapple plant” (pianta rampino), “wood spider” (ragno di legno) e “devil’s claw” (artiglio del diavolo), cresce in Africa Meridionale e soprattutto nelle regioni orientali e sud-orientali della Namibia, nel sud del Botswana, nella regione del Kalahari, nel Northern Cape e in Madagascar: deve il nome di artiglio del diavolo alle quattro appendici dure e nastriformi che caratterizzano i suoi frutti ovoidali.
Queste escrescenze sono dotate di robusti uncini che, penetrando nel corpo o nelle zampe degli animali, procurano serie ferite, costringendoli a compiere una danza “indiavolata”; la parte usata a scopo medicamentoso è costituita dalle escrescenze laterali della radice tuberosa (dette radici secondarie), che contengono alte percentuali di principi attivi.
L’uso etnobotanico dell’artiglio del diavolo ha avuto origine in Africa Meridionale, dove si crede possa essere utile nel trattamento di varie condizioni dolorose: nella medicina tradizionale sud-africana l’artiglio del diavolo viene utilizzato da secoli per la cura di vari problemi, come le malattie reumatiche, i dolori articolari, come antipiretico, per i problemi allo stomaco.
Ciò che è stato constatato empiricamente dalle popolazioni locali è confermato dagli studi del tedesco Schmidt, che hanno portato alla scoperta di tre glicosidi ritenuti responsabili degli effetti analgesici e antipiretici dell’arpagofito, l’arpagoside, l’arpagide e la rocumbide, che si sono rivelti utili ed attivi nelle situazioni che causano dolore e infiammazione come tendiniti, osteoartrite, artrite reumatoide. lombalgia e cervicalgia; molti di questi studi hanno paragonato l’efficacia di comuni prodotti antinfiammatori a quella dei fitoestratti di Harpagophytum Procumbens, confermando le virtù terapeutiche di questo fitoterapico.
L’artiglio del diavolo trova applicazione anche a livello del tratto gastro-intestinale, per migliorare la digestione, nei casi si dislipemie (azione ipocolesterolemizzante) e di gotta (ipouricemizzante) grazie all’azione dei molti principi amaricanti, capaci di stimolare la produzione dei succhi gastrici e della bile.
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