definizione
Acronimo per «free radical theory of aging» (teoria dell’invecchiamento causato dai radicali liberi): questa ipotesi afferma che gli organismi invecchiano perché le cellule accumulano danni provocati nel tempo dai radicali liberi; la maggior parte dei radicali liberi biologicamente rilevanti sono altamente reattivi e di conseguenza in grado di provocare, per la maggior parte delle strutture biologiche, un danno ossidativo, mentre gli antiossidanti sono agenti riducenti in grado di limitare lo stress ossidativo.
un po’ di storia
Denham Harman, biochimico statunitense professore emerito presso il centro medico dell’Università del Nebraska, ha proposto per la prima volta la teoria dell’invecchiamento causato dai radicali liberi negli anni ’50, prendendo in considerazione solo i radicali liberi come il superossido (O2−), ma da allora è stata ampliata per comprendere il danno ossidativo da altre specie reattive dell’ossigeno come il perossido di idrogeno (H2O2) o il perossinitrito (OONO–); negli anni ’70 ha esteso l’idea, implicando la produzione delle specie reattive dell’ossigeno (R.O.T.S.) a livello mitocondriale.
Occorre ricordare che questa teoria venne concepita quando l’opinione scientifica prevalente sosteneva che i radicali liberi erano troppo instabili per esistere nei sistemi biologici, ben prima che qualcuno ipotizzasse che i radicali liberi potessero essere una causa di malattie degenerative; negli anni successivi, la teoria dei radicali liberi è stata ampliata per includere non solo l’invecchiamento in sé, ma anche le malattie legate all’età.
Il danno dei radicali liberi all’interno delle cellule è stato collegato a una serie di disturbi tra cui cancro, artrite, aterosclerosi, morbo di Alzheimer e diabete; ci sono prove che suggeriscono che i radicali liberi e alcune specie reattive dell’azoto innescano e aumentano i meccanismi di morte cellulare all’interno del corpo come l’apoptosi e in casi estremi la necrosi.
Nel 1972, Denham Harman ha modificato la sua teoria originale: nella sua forma attuale, questa teoria propone che le specie reattive dell’ossigeno, che sono prodotte nei mitocondri, causino danni ossidativi a certe macromolecole tra cui lipidi, proteine e, soprattutto, DNA mitocondriale; questo stress ossidativo provoca poi mutazioni che portano ad un aumento della produzione di R.O.S. e aumentano notevolmente l’accumulo di radicali liberi all’interno delle cellule.
meccanismo biochimico
Gli elettroni, normalmente, esistono in coppia in orbitali specifici; i radicali liberi sono atomi o molecole contenenti elettroni spaiati: contenendo un solo elettrone in ogni orbitale, sono instabili e predisposti ad accogliere o cedere un elettrone in più, in modo che tutti gli elettroni nell’atomo o nella molecola vengano accoppiati; si noti che l’elettrone spaiato non implica carica: i radicali liberi possono essere caricati positivamente, negativamente o neutri.
Il danno si verifica quando il radicale libero incontra un’altra molecola e cerca di trovare un altro elettrone per accoppiare il suo elettrone spaiato: infatti, vista la sua reattività, estrae un elettrone da una molecola vicina, facendo sì che la molecola interessata diventi essa stessa un radicale libero; il nuovo radicale libero può quindi estrarre un elettrone dalla molecola successiva e si verifica una reazione chimica a catena di produzione di radicali.
Il risultato di tali catene di reazioni è l’inattivazione di una molecola biologicamente attiva, ovvero la rimozione di un elettrone da una molecola ne provoca una molecola che altera la sua funzione: un tale evento provoca danni alla molecola e quindi alla cellula che la contiene.
I radicali liberi più frequentemente coinvolti nei processi di invecchiamento sono l’incremento del superossido o una riduzione dell’ossido nitrico; gli antiossidanti sono utili per ridurre e prevenire i danni causati dalle reazioni dei radicali liberi grazie alla loro capacità di donare elettroni che neutralizzano il radicale senza formarne un altro: ciò ha portato all’ipotesi che grandi quantità di antiossidanti potrebbero diminuire i danni che causano malattie croniche e persino i fenomeni di senescenza.
« all'indice del glossario