effetto Pigmalione

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premessa

Il nostro quotidiano è basato sulle affermazioni che esterniamo, le credenze che ci orientano, le aspettative che poniamo sul nostro futuro o su come noi definiamo la nostra realtà: la semplice esistenza di questi pensieri condiziona la nostra realtà; gli effetti possono essere trascurabili o importanti, tragici o comici, ma sono, comunque, tangibili e concreti ed hanno la tendenza ad assumere le caratteristiche di profezie auto-realizzantesi, se le circostanze lo permettono. Le nostre affermazioni divengono il modo in cui modelliamo i nostri rapporti nel mondo reale, i nostri sistemi di credenza vincolano la nostra percezione della realtà: i nostri comportamenti possono innescare negli altri reazioni che riconfermano ciò che noi crediamo essere oggettivo, innescando spirali negative che non fanno altro che riconfermare le nostra credenze originarie; il semplice fatto di credere in qualcosa può generare un’influenza su ciò che ci accade, che mira a far coincidere la realtà con i nostri pensieri, innescando un effetto domino che può avere effetti devastanti sulla nostra esistenza.

Se prestiamo fede all’idea che, per il solo fatto di appartenere a un segno zodiacale, la nostra vita sia nata sotto una certa stella e non potrà divergere dalla strada che ci è stata assegnata, questo sistema di credenza condizionerà pesantemente il nostro futuro, precludendoci alcune strade: tutto ciò che “casualmente” ci accadrà nel corso della nostra quotidianità verrà letto e incasellato nell’oracolo iniziale, incarnato nel segno zodiacale di appartenenza, confermando il nostro destino e condizionando le nostre scelte; senza rendercene nemmeno conto, cominceremo a definire le persone e i loro comportamenti come derivanti dal fatto di “essere un segno zodiacale”, che diviene il convitato di pietra, una presenza ingombrante in grado di interferire con il concatenarsi delle nostre esperienze.

Se al posto del segno zodiacale, poniamo la sfortuna, la sorte, la razza, l’essere dislessico o qualunque altra etichetta carica di valenze negative, si crea una sorta di nesso causale, dove ogni causa si trasforma in effetto e ogni effetto si trasforma in causa: un «kharma», dal sanscrito kàrman (→ obbligo, atto dovuto), che ha la radice etimologica della parola kar- (→ fare) in comune con il termine greco κραίνω (kraino → compiere, realizzare), in grado di divenire l’essenza creatrice della nostra realtà, in grado di dare origine ad una sorta di “autopoiesi” che si autoriproduce, seguendo una propria via, apparentemente autonoma dalla nostra volontà.

Questo meccanismo, è ampiamente riconosciuto in differenti ambiti, assumendo differenti nomi: profezia che si autoavvera, effetto placebo o effetto nocebo, effetto Rosenthal, effetto Pigmalione descrivendo effetti simili in ambiti differenti o diverse aree dell’esistenza: ognuno di questo “effetti” si riferisce, sostanzialmente, allo stesso fenomeno, cioè a come le aspettative nella vita sociale, gli “standard” imposti o accettati, abbiamo importanza nell’orientare la genesi del nostro cammino.

Pigmalione

Che cosa si intende, oggi, con il termine pigmalione? La definizione viene utilizzata per descrivere chi assume il ruolo di maestro nei confronti di persona rozza e incolta, plasmandone la personalità, sviluppandone le doti naturali e affinandone i modi; una sorta di mentore in grado di prendersi cura dell’educazione, un consigliere fidato, una guida saggia, un precettore: il riferimento è al personaggio della commedia del drammaturgo irlandese George Bernard Shaw, che nella commedia «Pygmalion» (1913) racconta la storia di un professore di dizione che decide, per scommessa con un amico, di insegnare le buone maniere a una giovane fioraia, al fine di trasformarla in una raffinata signora dell’alta società; forse qualcuno ricorda la pregevole interpretazione di Audrey Hepburn (Eliza Doolittle) e Rex Harrison (professor Henry Higgins – Pigmalione) nel film musical «My Fair Lady» (1964).

Chi assume il ruolo di pigmalione non è un semplice insegnante, ma è colui che modella e migliora la personalità dell’allievo, favorendone al contempo le naturali inclinazioni.

Πυγμαλίων (Pygmalíon), personaggio del mito greco, viene ripreso da differenti autori (da Ovidio ad Arnobio fino a Petrarca) che ne connotano, di volta in volta, le caratteristiche: re di Creta e scultore, innamorato di Afrodite, dea della bellezza, ne riproduce le fattezze nude, in una statua in avorio talmente affascinante da innamorarsene; dopo aver dormito diverse notti accanto alla sua opera, Pigmalione si reca al tempio della dea chiedendole che trasformi la scultura in fanciulla, per poter vivere per sempre al suo fianco.

Il parallelismo con il sovrano di Cipro è evidente: egli aveva estrapolato dalla materia, plasmandola, la statua che incarnava le fattezze delle sua donna ideale, della perfezione ed aveva , proprio come fa “un pigmalione” con l’alunno, formato la materia grezza per migliorarla e renderla bella e desiderabile come una dea.

effetto Pigmalione – definizione

Detto anche effetto Rosenthal (anche con se questa locuzione si tende a descrivere l’impatto che le aspettative in ambito scientifico hanno sui possibili risultati di una ricerca), può essere definito come un fenomeno psicologico in cui elevate aspettative portano a prestazioni migliori in una data area; identificato grazie agli studi di Robert Rosenthal ed Lenore Jacobson, negli anni ’60, potrebbe essere descritto come la tendenza ad adeguare il proprio comportamento all’opinione che gli altri hanno di noi, sia essa positiva o negativa, soprattutto nel caso in cui il “pigmalione”, per la sua posizione o il suo ruolo, eserciti una profonda influenza o suggestione sulla persona.

A seguito di un noto esperimento, Robert Rosenthal e la sua équipe realizzarono un esperimento di psicologia sociale, sottoponendo un gruppo di alunni di una scuola elementare californiana a un test di intelligenza; successivamente selezionarono, in modo casuale e senza rispettare l’esito e la graduatoria del test, un numero ristretto di bambini e informarono gli insegnanti che si trattava di alunni molto intelligenti. Dopo un anno, verificarono che i bambini selezionati, seppur scelti casualmente, avevano confermato in pieno le previsioni migliorando notevolmente il proprio rendimento scolastico fino a divenire i migliori della classe: l’effetto, in questo caso benefico, si avverò grazie all’influenza positiva degli insegnanti che riuscirono a stimolare, negli alunni segnalati, una viva passione e un forte interesse per gli studi.

Il profitto era nettamente migliore in quei bambini ai quali era stato detto di essere più intelligenti anche grazie al comportamento degli insegnanti che, influenzati, iniziarono a trattare diversamente gli allievi che supponevano meglio dotati, portandoli ad ottenere effettivamente risultati migliori: l’assunto di base che può essere desunto dall’esperimento è che se gli insegnanti credono che un bambino sia più (oppure meno) dotato lo tratteranno, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri; il bambino interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza, instaurando un circolo vizioso per cui il bambino tenderà a divenire nel tempo proprio come l’insegnante lo aveva immaginato.

Nel caso in cui il giudizio di partenza sia negativo (meno intelligente/capace/predisposto) va specificato che il comportamento può essere attribuito al fatto che il bambino, in maniera inconscia, creda che il giudizio negativo del proprio insegnante svaluterà i suoi eventuali risultati e quindi appartenendo ad un contesto sociale dove viene valutato in base al suo rendimento, il fatto che ad un uguale risultato per lui corrisponda una valutazione differente, lo può portare a giudicare il suo lavoro dispersivo.

L’effetto pigmalione si verifica soprattutto se l’opinione viene data da chi ha influenza sul soggetto, quindi una figura genitoriale, un tutore o un capo carismatico: il fatto che l’insegnante stesso dia più credito ad un alunno in particolare facilita il lavoro di quello specifico alunno, in quanto giustifica verso le altre persone (sia compagni che genitori) il suo impegno allo studio, con la conseguenza che una discriminazione (positiva o negativa) da parte dell’insegnante potrebbe potenzialmente diffondersi a tutte le persone che ne sono a conoscenza; questo significa che:

«gli uomini non rispondono solo agli elementi oggettivi di una situazione, ma anche, e a volte in primo luogo, al significato che questa situazione ha per loro: una volta che essi hanno attribuito un qualunque significato ad una situazione, questo significato è la causa determinante del loro comportamento e di alcune conseguenze di esso» (Robert Rosenthal ed Lenore Jacobson – «Pigmalione in classe» – 1970)

Gli esseri umani tengono in gran conto il significato che essi stessi attribuiscono alle cose ed agiscono in base questi significati che sono creati e ricreati nel corso del tempo e forniscono la molla propulsiva che orienta l’agire umano; i significati tendono a organizzarsi circolarmente cosicché la verità o l’efficacia di un qualunque oggetto, persona, situazione dipende dall’interpretazione che ne diamo che a sua volta, provoca comportamenti che ricadono sul significato originario, confermandone la “verità”.

Lo schema è quello della profezia auto-avverantesi, che non segue una sequenzialità lineare ma assume la forma del diallelo, dove premesse e conseguenze si condizionano reciprocamente ed interagiscono scambievolmente: questo significa che il futuro (cioè l’attesa dell’evento) può avere effetti sul presente secondo un modello di azione e retroazione tipicamente complesso, manifestando la tendenza a produrre effetti paradossali, essendo fondata su un meccanismo perverso per cui la falsità di un’affermazione non porta a conseguenze altrettanto false, ma a un avveramento del contrario o, comunque, dell’altro dal vero, con effetti spesso singolari; si tratta, in pratica, di un rapporto eterogeneo tra causa ed effetto. Per dirla con Robert King Merton, si può affermare che l’effetto Pigmalione deriva dal fatto che una premessa che

«è, all’inizio, una definizione falsa della situazione che determina un nuovo comportamento che rende vera quella che originariamente era una concezione falsa»

L’effetto Pigmalione può verificarsi non solamente nell’ambito scolastico, ma anche in altri contesti, come in quello economico e lavorativo, nel rapporto fra capi e dipendenti oppure in quello familiare nelle relazioni fra genitori e figli e in tutti quei contesti dove si sviluppino rapporti sociali dove l’atteggiamento del responsabile, favorente o meno rispetto al subalterno, può condizionare in maniera significativa i comportamenti di questi ultimi: le aspettative possono condizionare la qualità delle relazioni interpersonali e il rendimento delle persone. I rapporti sentimentali rappresentano un campo elettivo di azione per l’effetto Pigmalione e le profezie che si autoavverano, vista la profondità dei legami coinvolti, la conflittualità potenziale e la facilità di confronto.

effetto Pigmalione :
«non vi è differenza tra essere ed essere percepito»

Anche se, parlando di effetto Pigmalione, si tende a sottolineare come la figura di un mentore che sia di ispirazione e sottolinei le capacità personali possa suggestionare una giovane mente in crescita, instillando autostima e convinzione dei propri mezzi, all’opposto quello stesso “imprint”, se negativo, può creare effetti devastanti, come risultato di un’azione di svalutazione e mortificazione, soprattutto se questo atteggiamento è rivolto nei confronti di un fanciullo, in ovvia posizione di inferiorità.

L’insegnante americana Jane Elliott, attraverso un test denominato «blue-eyed/brown-eyed» (occhi blu/occhi marroni), sottopose gruppi di studenti ad esercizi discriminanti in base al colore degli occhi, finalizzati a umiliare un gruppo ed esaltare le qualità degli appartenenti all’altro gruppo: attraverso questo esperimento (a dire il vero poco etico …) verificò che il rendimento degli allievi era direttamente proporzionale alla stima e al grado di rispetto mostrato durante lo svolgimento degli esercizi; risulta lampante l’impatto emotivo che un giudizio di valutazione distorto formulato da un “superiore” può avere, soprattutto sui una mente in crescita.

Se una persona è convinta (o meglio è stata) di non essere sufficientemente capace/intelligente tenderà a creare le condizioni che permettano alla sua credenza di avverarsi: spesso, anche se riesce a dominare tale credenza e ottenere qualche successo, inclinerà le proprie convinzioni verso l’auto-svalutazione, la denigrazione dei risultati conseguiti e gli auto-sabotaggi che, in ultima analisi, gli proveranno la fondatezza della sua convinzione: ovviamente tutto questo non dipenderà dalla reale “stupidità”, ma dal comportarsi ed essere percepito «come se» fosse stupido, con tutte le conseguenze del caso, in quanto le persone reagiscono alla definizione della situazione che essi stessi applicano.

Per cui una convinzione, una credenza consapevole o non consapevole, un’aspettativa legata a questa convinzione o credenza ed i comportamenti che ne discendono finendo con il confermarle o con l’avere conseguenze reali, determinano le basi del dis-stress, del dis-confort e del mal-essere. Purtroppo, quasi sempre «piove sul bagnato», nel senso che, come accade per le profezie autorealizzantisi, chi vive secondo sistemi di credenza basati sul disconoscimento delle proprie potenzialità e possibilità si ritrova a subire un effetto San Matteo negativo che, spesso, non fa che ribadire e sottolineare l’incapacità.

Si possono modificare le conseguenze negative che i differenti effetti Pigmalione hanno esercitato su di noi e sull’evolversi della nostra vita?

Anche se parrebbe impossibile, la risposta è sì: pur non essendo possibile cambiare, ovviamente, gli eventi del passato, esiste il potere di modificare i comportamenti che discendono dall’influsso che tali eventi esercitano sulla nostra vita.

Innanzitutto occorre ricordare come all’aumentare dello stress, diminuiscano le capacità di apprendimento e la possibilità di percorrere vie alternative alle risposte stereotipate basate sui meccanismi consolidati che ognuno di noi ha acquisito nel passato: la “sopravvivenza” ai vissuti negativi che costellano la nostra esistenza, non fa altro che rafforzare metaprogrammi e patterns finalizzati a sostenere le profezie autovverantesi che ci guidano quando perdiamo la possibilità di sovvertire il nostro “destino”.

Poiché «lo stress è una transazione tra la persona e l’ambiente, nella quale la situazione è valutata dall’individuo come eccedente le proprie risorse e tale da mettere in pericolo il suo benessere.» (Lazarus e Folkman) ovvero, in ottica kinesiopatica, «lo stress rappresenta la risposta dell’individuo alla disparità soggettiva fra le risorse che si ritiene di possedere e le richieste che pensiamo ci vengano fatte (dall’ecosistema o da altre persone).»(Francesco Gandolfi), possiamo capire che ogni dinamica fallimentare sia, al contempo, causa ed effetto delle nostre credenze autosvalutative.

Il primo passo che il professionista del ben-essere deve attuare, per interrompere questa spirale negativa, spesso costellata da pensieri rimuginanti, è disattivare la tipica «fight-and-flight response» che l’organismo attua in risposta al disconfort ed al distress, attraverso specifiche tecniche di reset.

Una valutazione multidimensionale che, alla luce dei concetti schematizzati nel «triangolo della salute», possa suggerire quali aree necessitino di attenzione, è sicuramente di aiuto per “sostenere” il corpo nelle fasi di riprogrammazione, riducendo l’impatto dello stress: qualunque cambiamento, anche se potenzialmente positivo, viene vissuto come uno stressor, per cui più l’organismo è in uno stato di equilibrio somato-emozionale e biochimico, più eventuali transizioni da dinamiche comportamentali reiterative a nuove prospettive viene facilitato e vissuto come eustress.

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