definizione
Termine inglese utilizzato per descrivere le proteine vettrici transmembrana, ovvero quelle componenti strutturali delle membrane cellulari deputate a facilitare il passaggio o a trasportare sostanze organiche incapaci di muoversi liberamente fra le barriere del citoplasma: vista l’eccessiva polarità (carica elettrica) o la dimensione, che ne limita il transito attraverso il doppio strato fosfolipidico, queste molecole non sempre riescono a transitare passivamente fra un ambiente e l’altro, per cui devono essere agevolate; la dimensione, la forma, la carica elettrica possono essere elementi in grado di impedire ad una elemento di “oltrepassare” la membrana che isola la cellula dal mondo esterno, cioè di ostacolare l’entrata o l’uscita dalla cellula, oppure di transitare liberamente attraverso i “confini” che delimitano l’ambiente cellulare.
Per permettere il movimento di questi composti chimici, si rende necessario, pertanto, un vettore, un “canale di transito”, un “trasportatore” che ne faciliti il passaggio condizionato: la presenza di tunnel o di trasportatori di membrana è indispensabile, in quanto solamente alcuni composti sono in grado di diffondere liberamente da una parte all’altra della membrana plasmatica, mentre tutti gli altri hanno bisogno di metodi alternativi per entrare nel citoplasma; il passaggio può richiedere o meno dispendio energetico, dando vita rispettivamente ad un trasporto attivo o ad un trasporto passivo. In senso stretto un “carrier” svolge un’azione attiva anche se, in senso lato, il termine può essere esteso alle proteine transmembrana che rendono possibile il transito senza svolgere un “lavoro” di trasporto.
Un elemento si definisce transmembrana quando si affaccia sia sul versante esterno della cellula, sia dalla parte citoplasmatica, “perforando” integralmente la membrana plasmatica e presentando dei siti di legame in grado di legare gli ioni o le molecole che devono essere trasportate; grazie alla modificazione della propria conformazione, la proteina trasportatrice possiede la capacità di trasferire le sostanze da un lato all’altro lato.
La traslocazione dei soluti attraverso la membrana è legata ad un cambiamento conformazionale del carrier e, più specificamente, all’apertura/chiusura di un “canale” all’interno del polipeptide che, una volta effettuato il trasporto, rilascia la molecola e riprende la propria forma originaria. Lo spostamento del glucosio e degli aminoacidi all’interno della cellula ed il passaggio di ioni sodio (Na+) o di ioni calcio (Ca+) dal citoplasma al liquido interstiziale sono esempi di trasporto transmembranoso veicolato da un vettore proteico; altro caso tipico è la captazione di precursori dei neurotrasmettitori (quali la colina) o dei neurotrasmettitori stessi (come nel caso della noradrenalina, della 5-HTP, del glutammato, e dei peptidi) a livello nelle terminazioni nervose.
Sebbene esista un gran numero di vettori destinati al trasporto transmembrana, eterogenei per forma e struttura molecolare, tutti possiedono alcune caratteristiche comuni: sono selettivi per la sostanza che deve essere movimentata (substrato-specifici), basando la loro azione su interazioni steriche, cioè rapporti spaziali, tra il trasportatore e la molecola trasportata; le proteine carrier sono caratterizzate dalla presenza di un sito di riconoscimento, in grado di reagire esclusivamente ad una determinata sostanza, molecola o ione (specie permeante).
I farmaci “anti-”, infatti, sono studiati per bloccare selettivamente i siti di riconoscimento sui carrier, occupandone fisicamente la zona di contatto ed impedendo, così, il trasporto di molecole attive: l’effetto è l’inibizione o la modulazione delle funzioni nervose o metaboliche normalmente stimolate dalla agente “agonista”; un esempio di ciò sono i farmaci calcio-antagonisti, utilizzati come antipertensivi od in altre patologie dell’apparato cardiocircolatorio, che sono detti “bloccanti dei canali del calcio” proprio perché “chiudono” il transito a questo ione, inibendone il trasporto transmembrana.
considerazioni sulle membrane
Per definizione, una membrana è una struttura laminare avente la funzione di delimitare, rivestire e contenere parti di organismi viventi; oltre ad assumere questo ruolo di “sbarramento” e di divisore, a livello cellulare svolge il compito di regolare il passaggio selettivo di soluti, solventi o particelle tra due soluzioni di caratteristiche diverse; questo compito viene assolto sia tra la cellula e l’ambiente ad essa esterno, sia tra le differenti componenti cellulari.
Infatti delimita non solo la cellula vivente (membrana plasmatica o citoplasmatica, detta anche plasmalemma), ma anche i suoi componenti interni, quali il nucleo (membrana nucleare o carioteca), i mitocondri (membrana mitocondriale) e i plastidi, concorrendo alla formazione di strutture cellulari interne quali il reticolo endoplasmatico, l’apparato del Golgi, i vacuoli o i lisosomi: dal punto d vista della citologia, il sottile strato lipidico bimolecolare assolve la funzione di confine dinamico, regolando gli scambi tra l’esterno e la cellula ed al proprio interno, oltre ad essere in grado di ricevere informazioni da entrambi gli ambienti (endocellulare ed ecosistema), tramite i recettori di membrana.
Il bilayer fosfolipidico che costituisce questa barriera permette il libero flusso (diffusione) del solvente e non del soluto, comportandosi come una membrana semipermeabile: gli scambi, in termini di quantità e velocità, dipendono dal gradiente pressorio e dal gradiente osmotico (differente concentrazione dei soluti da entrambi i lati), oltre che dalle dimensioni, dalla solubilità, dalle proprietà o dalla chimica delle molecole stesse; allo stesso tempo può essere considerata una membrana permselettiva, che presenta cioè una permeabilità selettiva, in quanto consente solo a certe molecole o ioni di attraversarla.
diffusione
Il passaggio di sostanze attraverso le membrane può avvenire per mezzo di diffusione passiva (gradiente osmotico), diffusione facilitata (o trasporto passivo, per mezzo di canali ionici), ultrafiltrazione (gradiente pressorio).
Il passaggio attraverso la componente lipidica della membrana avviene grazie al gradiente di concentrazione tra i compartimenti divisi dalla barriera, senza consumo di energia: il movimento delle molecole è diretto dal compartimento a più alta concentrazione a quello a concentrazione più bassa ed è influenzato dalle dimensioni e dalla lipofilia della molecola.
Esiste una teoria, detta del “mobile kink” (delle pieghe mobili) che sostiene che certe molecole si “infilano” tra gli spazi tra le catene di fosfolipidi che compongono le membrane: il doppio strato lipidico della membrana plasmatica non deve essere visto come una rigida palizzata, ma piuttosto un film oleo-ceroso semisolido, in cui sono immerse le proteine che, grazie alla fluidità della componente lipidica dentro cui “galleggiano”, presentano un notevole grado di mobilità; il doppio strato lipidico non ha carattere omogeneo, ma piuttosto all’interno del mosaico fluido ci sono aree di maggior o minor densità a seconda dei tipi di grassi presenti (sfingolipidi, colesterolo).
La parte fluida della membrana, a causa delle cariche elettriche presenti sulle superfici e della struttura degli acidi grassi che la compongono, può creare “vuoti”, per effetto dalla isomerizzazione (modificazione della forma spaziale) degli acidi grassi che, subendo “inginocchiamenti”, inducono la formazione di pieghe in grado di far transitare le sostanze “amiche dei grassi”.
ultrafiltrazione
Se da un lato di una membrana semipermeabile è presente una “forza spingente”, che crea una differenza di pressione (pressione transmembrana), cioè un gradiente pressorio, si ottiene il passaggio di un fluido dalla zona a monte del mezzo filtrante verso quella a valle. Anche se questo processo non si verifica normalmente a livello cellulare, deve essere preso in considerazione, in quanto l’ultrafiltrazione a permselettività è alla base degli scambi fra i vasi sanguiferi e lo spazio interstiziale; rappresenta anche il mezzo utilizzato per la produzione della preurina a livello del glomerulo renale.
meccanismi di trasporto
La maggioranza delle molecole attraversa la membrana plasmatica con l’aiuto di proteine di trasporto: infatti anche alcune molecole liposolubili, oltre a quelle idrosolubili, si avvalgono dei carrier per potenziarne il passaggio, qualora siano presenti particolari necessità funzionali: per questo i meccanismi di trasporto e le proteine transmembrana assumono un ruolo fondamentale nel metabolismo cellulare.
diffusione facilitata – trasporto passivo
Simile alla diffusione semplice, in quanto non richiede consumo di energia, è il movimento di sostanze chimiche da una zona a più alto potenziale elettrochimico ad una zona a più basso potenziale, cioè uno scambio basato sul gradiente elettrochimico; le molecole polari, cioè cariche elettricamente, quelle di grandi dimensioni e gli ioni, ammesso e non concesso che potessero attraversare la membrana, in caso di diffusione semplice, passerebbero molto lentamente o con difficoltà: per questo motivo si rendono necessari “mezzi” che colleghino l’interno e l’esterno, cioè proteine canale o proteine carriers che permettono il passaggio delle molecole, creando appunto un trasporto passivo, cioè una diffusione facilitata. In questo caso, la velocità di transito non è dipendente solo dal numero di particelle coinvolte, cioè dal gradiente, ma anche da quello di proteine canale o carrier in quanto sono queste ultime a determinare le fasi del trasporto.
Il movimento di prodotti chimici attraverso le membrane biologiche, tramite diffusione facilitata od osmosi, si verifica senza che l’organismo debba investire energie per lo spostamento: in genere il trasferimento da una parte all’altra di una membrana semipermeabile si realizza grazie al gradiente osmotico, cioè che provoca un flusso dall’area a maggior concentrazione di soluti verso quella meno concentrata; viste le caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze o delle molecole, i canali transmembranosi devono essere considerati “carrier” in quanto consentono la diffusione facilitata degli elementi, anche se non svolgono un’azione di trasporto attivo.
trasporto attivo
Si definisce trasporto attivo lo spostamento di ioni, di molecole o sostanze attraverso la membrana plasmatica, mediato da una proteina transmembrana detta trasportatore di membrana (carrier).
A differenza di quanto avviene nel trasporto passivo, nel trasporto attivo è richiesta una spesa energetica ed è sempre necessaria la mediazione di un trasportatore; in genere, in questa forma di trasporto, le molecole si muovono contro un gradiente elettrico, chimico o elettrochimico.
tipologia dei carrier
I carrier che trasportano una unica molecola/ione per volta sono definiti uniporto: in genere effettuano il trasporto transmembranoso sfruttando la differenza di potenziale elettrochimico creato dai fenomeni di trasporto attivo primario.
Esistono anche carrier, detti di cotrasporto, in grado di effettuare il trasporto contemporaneo di due specie ioniche o di altri soluti; l’antiporto è il trasporto contemporaneo di due specie ioniche o di altri soluti che si muovono in direzioni opposte attraverso la membrana: mentre una delle due sostanze si muove contro gradiente di concentrazione, l’altra fluisce secondo gradiente di concentrazione, da un compartimento ad alta concentrazione ad uno a bassa concentrazione.
L’energia generata dal trasporto secondo gradiente permette il trasporto della seconda specie contro gradiente di concentrazione: tipico esempio è la pompa sodio-calcio (carrier Na+/Ca+), che contribuisce al mantenimento dell’omeostasi intracellulare degli ioni calcio, che devono essere presenti in basse concentrazioni.
Il simporto usa, analogamente all’antiporto, il flusso di un soluto secondo gradiente per muovere un’altra molecola contro gradiente ma il movimento avviene in questo caso attraversando la membrana nella stessa direzione (le due molecole si muovono nella stessa direzione): un esempio è il simportatore del glucosio, che cotrasporta secondo gradiente due ioni sodio per ogni molecola di glucosio importata nella cellula; anche gli amminoacidi seguono il movimento del sodio.
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