definizione
Incapacità, totale o parziale, di provare piacere, appagamento od interesse in contesti ove, normalmente, si è portati a provarne o per le consuete attività piacevoli, quali il cibo, il sesso e le relazioni interpersonali: può essere considerato un sintomo indicativo di un disagio somato-emozionale o di depressione, con appiattimento affettivo e dell’emotività; composta dal prefisso privativo/inversivo greco ἀν– (→ senza) e da ἡδονή (hēdonē → incarnazione del piacere, dal nome di una divinità greca di straordinaria bellezza, figlia di Eros e Psiche).
Il termine medico è stato coniato, verso la fine dell’Ottocento, dallo psicologo francese Théodule-Armand Ribot che definì l’anedonia come «l’incapacità patologica di percepire piacere in ogni sua forma»: l’anedonia implica la sensazione di aver perso la capacità di provar piacere per ciò che, prima, era fonte di gioia, divertimento, ben-essere.
Occorre distinguere l’ anedonia dall’apatia, seppure siano spesso co-occorrenti e parzialmente assimilabili: l’apatia è la riduzione delle motivazioni, una diminuzione dei comportamenti teleologici, la perdita degli obiettivi nell’ambito dell’attività cognitiva ed emotiva; chi è affetto da apatia ha difficoltà nell’intraprendere nuove iniziative; l’anedonia, viceversa, è una una marcata e consistente diminuzione dell’interesse o piacere per la maggior parte delle attività quotidiane, soprattutto quelle usuali, con la conseguente scomparsa del piacere nelle proprie attività o la mancata ricerca di attività piacevoli come se mancassero di motivazione.
descrizione
Epicuro, nella sua “Lettera a Meneceo”, afferma che «Il piacere è l’inizio e la fine di una vita felice»: nell’anedonia non esiste la vita e non esiste il piacere: l’anedonia non deve essere vista come un morbo a sé stante, ma come una manifestazione di accompagnamento di un disagio profondo della personalità, l’espressone di una profonda malinconia.
L’anedonia è definita “sociale” quando il disinteresse è mirato alle sole relazioni interpersonali, mentre è “fisica” quando il cibo, il sesso e le emozioni non procurano alcun piacere al soggetto: la definizione si affina in “anedonia sessuale” per indicare l’incapacità di godere nel mero atto sessuale, una sorta di anorgasmia.
Nell’anedonia coesistono sia l’incapacità di desiderare il contatto con stimoli gratificanti, sia quella di provare piacere in occasione di stimoli o attività solitamente gratificanti; la manifestazione del disagio che esprime questo stato somato-emotivo può inferire in contesti o ambiti in cui il senso di gratificazione coinvolge anche “ricompense” di tipo psicologico, come la soddisfazione per una promozione sul lavoro, o il senso di affetto derivante da una situazione sentimentale.
Può essere utilizzato quale sinonimo di disinteresse verso il dormire, il rilassarsi o addirittura il vivere; spesso può essere una manifestazione della depressione o un sintomo del morbo di Parkinson, presente in circa il 40% dei soggetti affetti da questa patologia, ma anche l’espressione di psicosi croniche o schizofrenia, disturbi del tono dell’umore con manifestazioni psicotiche, disturbi pervasivi dello sviluppo, demenze e talvolta l’abuso di sostanze stupefacenti.
Nell’ambito dell’abuso di sostanze, si ritiene che l’anedonia possegga un ruolo di “rinforzo negativo” nell’astinenza da sostanze d’abuso, che si fonderebbe su di una “disregolazione omeostatica edonica” di origine dopaminergica; interessante notare che anche nella malattia di Parkinson esiste una correlazione significativa fra l’anedonia, l’acinesia ed i disturbi cognitivi con un diminuito turnover dopaminergico nei gangli della base, ovvero un’alterazione del metabolismo della dopamina. Ovviamente le vie dopaminergiche non sono gli unici circuiti cerebrali ad essere coinvolti: la complessità del sintomo fa supporre la presenza di diversi e molteplici fattori causali (genetici, ambientali, culturali, sociali), i quali, interagendo tra loro sono responsabili dell’insorgenza del suo manifestarsi.
A livello di funzionamento cerebrale è da sottolinearsi che l’esperienza del piacere implica l’attivazione di un complesso insieme di processi neurochimici e di diversi pattern di aree cerebrali: nella fase anticipatoria della sensazione di piacere, si riscontra l’attivazione delle aree dopaminergiche, mentre il coinvolgimento degli oppiodi endogeni entra in gioco durante l’esperienza stessa del piacere.
Molti studi implicano il coinvolgimento dei circuiti neuronali principalmente coinvolti nella ricompensa siano quelli appartenenti al sistema dopaminergico mesocorticolimbico, in particolare il mesencefalico. In particolare sembrano coinvolte nella capacità di provare piacere aree come i gangli basali cortico-ventrali, che includono la corteccia orbito-frontale, la corteccia anteriore cingolata, il corpo striato ventrale, il nucleo pallido ventrale, l’area ventrale tegmentale, il nucleo accumbens e la corteccia prefrontale mediale. Questo complesso sistema di aree e di vie neurali, con il coinvolgimento anche di aree corticali, sono alla base della pianificazione e della motivazione a raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo: la ricompensa è ciò che consente il rafforzamento delle motivazioni per mettere in atto condotte finalizzate al raggiungimento della gratificazione e del piacere. Alcune evidenze scientifiche sottolineano che, nel caso dell’anedonia, vi sarebbe una disfunzionalità a carico della corteccia prefrontale mediale.
anedonia: una manifestazione del dis-stress
La mancanza o la perdita totale della capacità edonica non è sicuramente l’aspetto più comune, se non nell’ambito di specifiche manifestazioni patologiche: il termine è ormai largamente impiegato anche quando la perdita o l’assenza è solo parziale, trasformandosi da esperienza pervasiva a sensazione limitata o confinata ad un solo ambito (o a un numero limitato): un dis-interesse verso il cibo, il sesso, nei confronti delle interazioni sociali o delle relazioni affettive, ovvero un appiattimento dello stato emotivo, una sorta di compressione dell’espressività dei sentimenti, talvolta accompagnata da distimia.
L’anedonia può essere definita sia come tratto del carattere, sia come stato dell’essere: nel primo caso si sottende un’incapacità permanente di provare piacere che può essere presente fin dall’infanzia, spesso riconosciuta da chi ne soffre; nel secondo può essere definito come una pervasiva, non reattiva, compromissione della capacità di provare piacere per cose specifiche in un determinato momento, espressione non di rado di stress, burn-out o rust-out e mal-essere dell’individuo.
Solitamente l’esperienza del piacere e della gratificazione può essere considerata un marker in grado di sottolineare all’individuo il soddisfacimento di un bisogno e quindi di sottolineare quali comportamenti sono associati alle ricompense e alla soddisfazione dei delle proprie esigenze o dei desiderata soggettivi: sono dei “marcatori” che segnalano quali comportamenti sono rilevanti per gli individui in termini di benessere e sopravvivenza.
Per quanto non si possa generalizzare, nelle forme non patologiche di anedonia l’intervento sulle manifestazioni del dis-confort e del dis-stress si rivelano di aiuto nel superare l’impasse motivazionale o emozionale alla base del mal-essere: la possibilità di effettuare una valutazione multidimensionale permette all’operatore del ben-essere di identificare su quali aspetti del triangolo della salute, di intervenire per migliorare la “coartazione emotiva” che sembra bloccare chi è affetto da questo squilibrio che non si limita agli aspetti emozionali, ma che coinvolge spesso anche la componente fisica o metabolica.
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