amminoacido insulinogenico

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definizione

Detti anche amminoacidi insulinogeni, amminoacidi insulinotropici o definiti con l’acronimo I.A.A. (dall’inglese «insulinogenic ammino acids») sono una famiglia di di amminoacidi in grado di stimolare, in maniera più o meno marcata, la produzione di insulina: fra le proprietà di questo ormone, l’azione ipoglicemizzante risulta quella più nota e significativa, vista la sua capacità di favorire la riduzione della concentrazione degli zuccheri (glucosio) a livello ematico, stimolandone il trasporto verso determinati tessuti che fungono da siti di stoccaggio o di riserva, ovvero il tessuto muscolare scheletrico, il cuore, il tessuto adiposo (tessuti insulino-dipendenti), o verso altri apparati su cui esercita un’azione indiretta.

L’intervento dell’insulina, in realtà, non si manifesta esclusivamente sulla componente glucidica ma, grazie all’introduzione di altri nutrienti quali le proteine (o aminoacidi e peptidi) o i lipidi nella dieta, è finalizzato precipuamente a favorire il trofismo dei tessuti: la presenza dell’insulina è indispensabile per l’utilizzazione degli amminoacidi a scopo anabolico anche in assenza di glucidi, svolgendo un’importante azione sinergica nella sintesi proteica (proteosintesi), potenziando la produzione di altri ormoni come il GH, che incrementa a sua volta la produzione dell’ormone anabolico IGF1, e il testosterone.

Così come l’insulina gioca un ruolo fondamentale nella proteosintesi, parimenti alcuni amminoacidi posseggono un effetto insulinogenico in quanto gli amminoacidi, come i carboidrati, risultano i nutrienti che stimolano maggiormente la secrezione di insulina: tra i dieci aminoacidi essenziali, leucina, lisina, valina, e soprattutto arginina sono maggiormente dotati della proprietà insulinotropica; non solo i particolari amminoacidi insulinogenici, singoli o combinati tra loro, si comportano da insulinogeni, ma anche l’introduzione di amminoacidi misti, o di cibi ad alto tenore proteico assolvono questa funzione.

Tale proprietà è stata evidenziata, in campo nutrizionale, con i più recenti parametri del indice insulinico e carico insulinico, che, contrariamente al indice glicemico, misurano la produzione di insulina nell’organismo in risposta all’ingestione di un qualsiasi alimento o macronutriente, quindi anche dell’assunzione di proteine, amminoacidi e lipidi, e non solo all’ingestione di carboidrati: l’assunzione di cibi a forte componente proteica sembra causare un incremento della risposta insulinica nonostante siano a basso contenuto di carboidrati o addirittura questi siano assenti.

I principali amminoacidi insulinogenici sono:

Arginina
→ Fenilalanina
→ Isoleucina
→ Leucina
→ Lisina
→ Valina
Glicina

argina e insulina

Anche se l’arginina possiede proprietà glucogeniche, potendo essere convertita a glucosio direttamente in glucosio, quando viene somministrata assieme a glucosio, l’arginina attenua la i picchi iperglicemici in quanto stimola la produzione di insulina (indirettamente) con conseguente decremento dei livelli di glucosio ematico e di acidi grassi liberi (F.F.A.); l’arginina potendo essere convertita in citrullina, ossido nitrico (NO), gioca un ruolo importante nella regolazione del glucosio ematico in quanto anche questi metaboliti partecipano al controllo della glicemia: l’ossido nitrico è in grado di modulare l’uptake insulino-mediato del glucosio aiutando a controllare la curva glicemica post-prandiale.

Certi cibi, in particolare quelli proteici (e quindi gli amminoacidi che li compongono), causano un incremento della risposta insulinica nonostante l’assenza di carboidrati: questo fatto ha portato alla creazione dell’indice insulinico, ovvero di un valore capace di misurare la produzione di insulina nell’organismo in risposta all’ingestione di un qualsiasi alimento e qualsiasi macronutriente e non solo in risposta al consumo di carboidrati (indice glicemico e carico glicemico). L’arginina, oltre ad aumentare la produzione di insulina grazie all’incremento dell’ossido nitrico, che aumenta anche la perfusione vasale e la vasodilatazione periferica, favorisce la riduzione della concentrazione ematica del glucosio diminuendo la resistenza periferica all’insulina.

B.C.A.A. e sensibilità insulinica

Gli amminoacidi ramificati (B.C.A.A.), cioè leucina, isoleucina e valina, sono caratterizzati da una peculiarità importante per l’anabolismo muscolare: a differenza della gran parte degli altri aminoacidi, non vengono metabolizzati a livello epatico, ma vengono captati direttamente dal tessuto muscolare che li utilizza come donatori di azoto per la sintesi di altri importanti aminoacidi, come la glutammina e l’alanina, esercitando un’azione anti-catabolica.

Una delle principali vie mediante il quale i BCAA prevengono l’invecchiamento e favoriscono il miglioramento della composizione corporea, è la loro azione sul miglioramento della sensibilità all’insulina e della tolleranza al glucosio: alti livelli di insulina accelerano l’invecchiamento danneggiando nervi e cellule, rendendo indispensabile il controllo di questo ormone.

La secrezione di insulina tuttavia è facile da controllare, ed è possibile sfruttare il supporto dei BCAA per questo scopo: l’utilizzo degli amminoacidi ramificati si è dimostrata utile nel trattamento del diabete, permettendo un miglioramento della compliance nel mantenimento della glicemia e riducendo la perdita di peso dovuta alla glicosuria, ma anche, paradossalmente nel favorire la la perdita di peso nei soggetti obesi, verosimilmente riducendo la resistenza periferica all’insulina, ovvero esiste una relazione diretta fra sensibilità all’insulina ed i livelli di BCAA. Ugualmente la presenza di amminoacidi ramificati si è dimostrata utile nel migliorare la tolleranza al glucosio, ovvero, in caso in cui ci sia una elevata assunzione di glucosio, pur osservando un incremento della glicemia, l’organismo è in grado di elaborare il glucosio per produrre energia in modo efficace, tollerando meglio il carico glicemico.

effetti dell’insulina sulla proteosintesi

L’insulina ricopre un importante compito sulla sintesi proteica in sinergia con gli ormoni GH (somatotropina) e IGF1 (somatomedina c): gli aminoacidi liberati dalla digestione delle proteine, possono stimolare la secrezione di insulina, ma il potere insulinogenico varia in base al tipo, ai livelli di glucosio ematico, e alla mescolanza con esso; gli amminoacidi misti o le proteine sono in grado di stimolare l’increzione di insulina, anche se in maniera minore rispetto ad un pasto puramente glucidico.

La secrezione di insulina in seguito a un pasto proteico promuove l’uptake e l’utilizzazione di amminoacidi per la sintesi di proteine muscolari mentre contrasta il processo inverso, ovvero la proteolisi derivante dal catabolismo proteico che promuove l’utilizzo di amminoacidi a scopo energetico per gluconeogenesi, principalmente durante il digiuno o in risposta allo stress.

Le proteine rappresentano, a livello endocrino, un forte stimolo sull’aumento della massa magra ed alla riduzione della massa grassa, proprio perchè in grado di stimolare l’azione anabolica del tessuto muscolare attraverso l’attivazione dell’asse GH/IGF1-insulina-testosterone: l’introduzione alimentare di proteine stimola sia l’increzione di GH, sia di insulina ed entrambi concorrono alla produzione di IGF1 (Insulin-like Growth factor-1, detto anche fattore di crescita insulino-simile), che è il primo responsabile della crescita della massa muscolare; infatti le proprietà anaboliche attribuite al GH, in realtà si realizzano attraverso la liberazione IGF1, il quale è strettamente GH dipendente.

Allo stesso tempo, il GH, il quale non è direttamente coinvolto nell’anabolismo proteico, ma piuttosto nella capacità di incremento di IGF1, assieme al glucagone previene l’ipoglicemia causata dalla secrezione dell’insulina in assenza di carboidrati, innescando il processo di lipolisi: occorre non dimenticare che in assenza di stress sia il GH sia il glucagone sono ormoni iperglicemizzanti che ottengono un incremento dello zucchero ematico prodotto a partire dalla degradazione dei trigliceridi nel tessuto adiposo; in seguito all’introduzione di sole proteine (amminoacidi), la concentrazione plasmatica di glucosio non potrebbe essere mantenuta, perché non vi è introduzione di zuccheri con il pasto, per cui, come reazione alla tendenza ipoglicemica, devono essere secreti ormoni iperglicemizzanti, in primis il glucagone, per stabilizzare i livelli di glucosio nel sangue grazie alla glicogenolisi epatica e la gluconeogenesi.

Insulina da un lato, GH (tramite l’attivazione del IGF1) e glucagone hanno funzioni metaboliche apparentemente antitetiche, ma in realtà non sono sempre antagonisti, in quanto mostrano un’azione sinergica di rilievo come conseguenza dell’introduzione alimentare di sole proteine, favorendo la proteosintesi, la lipolisi ed il mantenimento dell’omeostasi glicemica: la crescita anabolica è garantita esclusivamente dalla loro secrezione contemporanea, poiché ognuno di essi svolge una specifica attività, distinta da quella dell’altro.

Venendo meno l’assunzione dietetica di proteine (amminoacidi), l’azione del GH non si traduce in anabolismo proteico, poiché questa azione è svolta dall’insulina e IGF1: nei casi di digiuno, quando la secrezione di GH avviene senza la sinergia di questi ultimi, esso svolge altri ruoli metabolici tra cui la lipolisi, ma non la proliferazione dei tessuti; è la somministrazione di carboidrati che determina un reale antagonismo tra GH (e glucagone da un lato ed insulina dall’altro.

I carboidrati assunti attraverso un pasto glucidico stimolano fortemente la produzione l’insulina che viene secreta in risposta ai picchi iperglicemici con lo scopo di controllare il livello di zucchero nel sangue e gestirne un eventuale eccesso, mentre il GH e il glucagone vengono inibiti, poiché non devono antagonizzare l’effetto ipoglicemizzante dell’insulina: l’effetto dell’insulina non contrastato, causa un facile accumulo dell’eccesso di carboidrati sotto forma di glicogeno e trigliceridi, mettendo in atto un processo di lipogenesi finalizzato ad incrementare i depositi delle riserve energetiche, come risposta ad una alimentazione a base di glucidi (e amidi), o in presenza glucidi mescolati ad altri nutrienti. Un apporto esclusivo o fortemente prevalente di sole proteine, in condizioni normali, non portano all’accumulo di grasso, ma anzi inducono un aumento della massa magra e, pertanto un dimagrimento.

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